In questo Post arriverò per gradi al “Fiscal Monitor” per l’Italia, con il quale il F.M.I.- Fondo Monetario Internazionale consiglia il modo e la direzione con cui l’Italia dovrebbe apparecchiare il “tavolo” delle politiche socio-economiche.
Preliminarmente appare infatti assai utile “sparecchiare il tavolo” da alcune idee, a mio avviso ( ma come si vedrà non solo mio ) profondamente errate, che circolano attualmente e potenzialmente in grado di aggravare la situazione socio-economica italiana.
In periodo non sospetto, ho avuto occasione di sottolineare in un’analisi pubblicata su una rivista nazionale di economia e finanza ( MATECON n° 7-11/1989 “Mercato finanziario internazionale e mercato regionale” ) come: ” La globalizzazione del mercato finanziario, nella forma tendenziale che va assumendo [ riferita alla prospettiva del mercato unico europeo del 1992 ] presenta insieme a numerosi elementi positivi un’antitesi, i cui risvolti non possono essere trascurati né minimizzati, come sembra accadere. Non lo possono in termini di analisi che realizzi una migliore conoscenza del fenomeno: non lo debbono per le conseguenze che l’analisi stessa, sia pure di prima approssimazione, adombra sotto il profilo degli effetti “reali” – con conseguenze socio-economiche potenzialmente negative per taluni aspetti – per molte economie nazionali e subnazionali: l’Italia e la Sardegna ricomprese.”
Tra i rischi cui si fa riferimento ho annoverato, da un lato, la disuguaglianza informativa e la difficoltà di accesso al mercato finanziario delle piccole imprese rispetto alle grandi ( globalizzazione zoppa ) e, dall’altro alto, il potenziale pericolo di una crasi, cioè del potenziale disallineamento dei mercati finanziari rispetto ai mercati reali: ovvero il rischio che il mercato finanziario allenti il proprio rapporto funzionale rispetto all’economia reale, imboccando una strada autonoma e per certi versi parallela.
Purtroppo i rischi paventati si sono tramutati da “potenziali” in “attuali”.
Le analisi prodotte successivamente da due grandi economisti K. Galbraith e J. Stiglitz, tra molti altri, hanno dimostrato ( si veda il richiamo nell’analisi dell’economista della LUISS F. Saraceno ” La flat tax: solo un problema di finanza pubblica?” 20/2/2018 ) come “»l’eccessivo peso del settore finanziario ha causato disuguaglianza crescente ed accumulazione di rendite nelle mani delle elites»risorse che sono state reinvestite nella finanza sottraendo ossigeno all’economia reale”. L’aumento della disuguaglianza ha ridotto i consumi senza che aumentassero gli investimenti. La ricerca recente su distribuzione e reddito dimostra infatti la fallacia neoliberista secondo cui la disuguaglianza non ha effetti negativi sulla crescita, evidenziando come la dimensione della torta non sia indipendente dalla dimensione delle singole porzioni: sempre più grande la fetta dei più ricchi e sempre più piccola quella degli altri.
T.Piketty e altri economisti, che hanno prodotto accurate analisi su distribuzione e reddito, e i più recenti lavori del F.M.I. e OCSE mettono in evidenza l’esistenza di una forte correlazione negativa tra disuguaglianza e crescita, sottolineando come i Paesi più attivi nelle politiche di redistribuzione del reddito hanno la tendenza a crescere più rapidamente: vale a dire che l’eccessiva disuguaglianza costituisce un freno alla crescita economica, perché influisce negativamente, tra l’altro, sull’accumulazione di capitale umano: le classi impoverite hanno accesso ridotto all’istruzione, rendendo più difficile l’aumento delle conoscenze, la mobilità e la capacità di intrapresa.
In questo contesto l’interrogativo di F. Saraceno se nella proposta di flat tax vi sia solo un problema di finanza pubblica ( cioè di copertura ) è plasticamente “retorico”: trattandosi, per le ragioni dette, di una proposta di politica economica tipicamente neoliberista che, per la sua natura altamente “regressiva”, favorendo ulteriormente i ricchi aggraverebbe i problemi italiani ( si veda nel sito l’analisi di dettaglio nel Post “Flat tax” e “Abolizione della tassa di successione”: a chi il fumo e a chi l’arrosto ).
E veniamo ora al “Fiscal monitor” del F.M.I. destinato all’Italia, nel quale si suggerisce che la politica economica “»deve spostare la tassazione sulla ricchezza, la proprietà e i consumi e abbassare le tasse sui fattori produttivi [ cuneo fiscale ]”. In buona sostanza adottare scelte di politica economica finalizzate alla redistribuzione del reddito e all’abbattimento delle disuguaglianze.
Temi che richiamano, in un’ottica di modifica del paradigma economico-sociale redistributivo, la problematica tra l’altro del “cuneo fiscale” e degli “interventi di sostegno al reddito e all’inclusione sociale”, che in un recente Post abbiamo analizzato considerandola una Questione sociale chiave ( si veda nel sito il Post ” È possibile un “Patto sociale” per quella che può considerarsi una “Questione sociale”? ).
È tuttavia assai dubbio – in relazione alle proposte programmatiche presentate – che “i vincitori di minoranza” che, forse, si apprestano a governarci intendano muoversi nella direzione suggerita dal “Fiscal Monitor”.
È bene pertanto che tutti i cittadini siano consapevoli sull’esistenza del rischio di scelte di politica economica che si muovano in una direzione diversa da quella della crescita e della redistribuzione, per allentare la disuguaglianza: flat tax, abolizione della tassa di successione non si muovono certamente, per le ragioni indicate nel corso dell’analisi, in quella direzione.
Su questi aspetti dovrebbero in particolare fare un’attenta riflessione gli elettori del Centrodestra e del M5S confidando, penso in buona fede, che le proposte citate producano effetti diversi ed opposti da quelli analizzati, ed acclarati negli studi della migliore letteratura economica, in questo Post.
Ovviamente il “Fiscal Monitor” appare di grande rilevanza anche per una “Sinistra” che intenda riflettere sulla direzione verso cui indirizzare la propria azione politica, da porre a base della propria azione programmatica per un più incisivo sviluppo sociale.
Gianni Pernarella
Laurea in Giurisprudenza conseguita a Pisa e studi post laurea in Economia. Dipendente del Banco di sardegna dal 1973 al 2003. Dopo esperienza pluriennale di filiale, assume nel 1990 ruoli di responsabilità nella struttura centrale “Organizzazione e Sistemi Informativi” dove, in veste di funzionario capo progetto, ha gestito oltre 10 progetti organizzativi e relativi a sistemi informativi. Collaboratore per oltre 6 anni del SIL – PTO di Oristano; ha scritto quattro libri sulla materia del credito e dell'economia provinciale oristanese relativa all'artigianato.